Analisi costi benefici di edifici a basso impatto ambientale
Se costruire o ristrutturare in maniera eco-compatibile costasse quanto realizzare gli stessi lavori con tecniche tradizionali probabilmente saremmo già nella nuova era. Invece, nonostante i passi in avanti compiuti negli ultimi anni, le tecniche di costruzione e i materiali innovativi devono ancora fare i conti con un surplus di costi difficili da trasferire al consumatore finale in uno scenario che vede il mercato delle compravendite ancora in difficoltà e il fronte dei prezzi da tempo stazionario. Ma a frenare l’innovazione è soprattutto la difficoltà di stimare con esattezza i benefici conseguibili con ciascuna tipologia di intervento e le tempistiche di ritorno dell’investimento. Per questo abbiamo provato a mettere sul piatto – attraverso interventi concreti – costi e risparmi, mettendo in luce le carenze (su tutte la difficoltà di trovare professionalità adeguate) che ancora caratterizzano il settore.
Edificio nuovo
La coibentazione taglia del 30% i consumi per il riscaldamento
Il contenimento dei costi in bolletta raggiunge i massimi risultati se gli interventi prendono il via già in fase di progettazione, andando così a realizzare edifici che di per sé minimizzano le dispersioni e sono aperti all’utilizzo di fonti rinnovabili e a ottimizzazioni successive. Come dimostra l’esperienza di un’azienda umbra di costruzioni che da qualche mese ha ultimato a Perugia il primo edificio in classe energetica A della regione certificato Casaclima. Un edificio con cinque appartamenti, “concepito prima della recessione”, spiega il titolare della società , “quando era già evidente la necessità di distinguersi dalla concorrenza per emergere”. Costruire in maniera eco-compatibile per significa, innanzitutto, capovolgere le priorità: “Solitamente si progetta sulla base delle tecnologie più diffuse, rimandando alla fase di cantiere la ricerca della soluzione più adatta per l’isolamento”, spiega. “Invece, l’obiettivo della certificazione ci ha spinti a muoverci in direzione contraria, dedicando un supplemento di studio alla fase della progettazione, in modo da cercare sin dall’origine le soluzioni con migliore impatto sui consumi e senza dimenticare un’analisi tra costi e benefici, inevitabile per qualsiasi azienda orientata al mercato”.
L’asse portante dell’intervento è consistito nella realizzazione di un sistema a cappotto per la coibentazione, “una misura che consente di abbattere del 30% i costi per il riscaldamento domestico”. Per altro, la realizzazione ha permesso di scoprire in corso d’opera che i costi per i materiali sono addirittura più bassi rispetto alla tradizionale muratura a cassetta perché riduce l’impiego di manodopera. “La principale difficoltà è stata, invece, rappresentata dalla carenza di professionalità in grado di realizzare questa soluzione”, aggiunge, a dimostrazione che lo skill shortage è uno dei principali (per quanto poco conosciuti) limiti alla diffusione della bioedilizia nel nostro paese.
La superficie netta riscaldata è di 500 metri quadri, per un volume netto riscaldato di 1450 m3 (S/V di 0,63) e un fabbisogno specifico di calore per il riscaldamento di 18 kWh/metro quadro annuo. Le chiusure verticali sono costituite da blocchi termici dello spessore di 30 cm sui quali è fissato un cappotto termico di eps (polistirolo e grafite) spesso 14 centimetri. Il valore di trasmittanza termica totale del sistema costruttivo è di 0,16 W/m2K con uno sfasamento di 18 ore, in sostanza la metà rispetto il limite stabilito dal d.lgs. 311/06 di 0,37 W/m2K. “Lo studio approfondito realizzato in fase di progettazione ci ha fatto inoltre rilevare una dispersione di calore tra balconi, marciapiedi e gronda intorno al 20-25%”. Da qui l’idea di posare sul marciapiedi un blocco realizzato in vetrocellulare (vetro riciclato al 60% misto a grafite), una soluzione che non teme l’umidità, ha un’elevata resistenza allo schiacciamento e ha un buon valore di isolamento termico.“Questo impasto ha un costo molto elevato ma è sufficiente una modica quantità. Nel nostro caso abbiamo speso 2.500 euro in più, pari all’1% dei costi totali di realizzazione di involucro e impianti, ma chi ci abiterà potrà contare su un calo dei consumi per il riscaldamento intorno all’ 80 % di cui il 10% solo grazie a questo accorgimento”. Anche in questo caso le difficoltà maggiori si sono presentate al momento della realizzazione: “In mancanza di fornitori nazionali, ci siamo dovuti rivolgere a un operatore belga”.
Casa già esistente
I consumi domestici si abbattono lavorando sulla dispersione
Se i risultati migliori si ottengono intervenendo già in fase di progettazione, l’urgenza per chi è già proprietario è di trovare comunque una soluzione che riduca il peso della bolletta e le emissioni inquinanti nell’atmosfera. “In questi è consigliato puntare in primo luogo su soluzioni mirate in grado di ridurre dispersione di calore dell’involucro dell’immobile verso l’esterno”. “Ad esempio gli infissi e i ponti termici hanno un impatto importante sulle dispersioni”, aggiunge, “ma la qualità dell’intervento varia sensibilmente in base alle conformazioni specifiche e ai materiali utilizzati e all’esposizione. Le soluzioni consigliate in un’ottica di ottimizzazione tecnico-economica consistono nel rifacimento delle superfici che provocano dispersioni di calore tra l’interno e l’esterno dell’abitazione”, aggiunge. “Ad esempio, sostituire la soglia di travertino collocata sotto alla finestra, o la coibentazione di cassonetti, ha un costo compreso tra i 150 e i 250 euro al metro lineare – la variazione dipende dalla pezzatura della finestra (più grande è, più è basso il costo al metro quadro) – con un ritorno dell’investimento tra i due e i quattro anni”. “Allo stesso modo la sostituzione di infissi di vecchia generazione con finestre moderne a taglio termico è uno soluzione poco invasiva ed al contempo di grande rendimento; in questo caso il payback dell’investimento deve essere valutato caso per caso a seconda delle necessità specifiche dell’oggetto di riqualificazione energetica”. Per quanto riguarda gli impianti la tecnologia moderna consente di intervenire in maniera puntuale in funzione dello stato dell’immobile e dei desiderata dell’utilizzatore: “La sostituzione dei sistemi di illuminazione tradizionali a incandescenza con lampade a basso consumo, tipologie alogene o led produce, a fronte di investimenti contenuti, un ritorno dell’investimento minimo, anche inferiori ai dodici mesi.” Lo stesso vale per gli impianti di produzione del calore, “per i quali – in funzione della tipologia dell’immobile – possono essere fatte delle scelte mirate come caldaie a condensazione e sistemi di recupero del calore che portano a una riduzione dei consumi e delle emissioni che partendo dal 20% al 45%”, conclude.
Costruzione a uso aziendale
Con l’intervento della Esco il riscaldamento aziendale è a costo zero
“Nel caso di un immobile industriale i maggiori spazi di manovra in campo energetico riguardano la riduzione dei consumi di energia termica ed elettrica”. “Si tratta di società che non vendono un prodotto o un servizio”, spiega, “ma la cui finalità è investire in soluzioni tecnologiche per il risparmio energetico con l’obiettivo di condividere i risultati ottenuti con l’utente”. Per le aziende energivore, come le industrie alimentari, i caseifici e le cartiere, suggerisce la realizzazione di un impianto di cogenerazione, “dal quale cioè arriva a tutto lo stabilimento sia l’elettricità, che il calore”. Considerando una struttura tipo da 1 megawatt, “il costo di realizzazione si aggira intorno al milione di euro, con rientro nell’investimento all’incirca in quattro/cinque anni su 15 di vita utile”. In casi come questo è la stessa Esco che fa l’investimento (per cui l’impianto è a costo zero per l’imprenditore), in cambio di una quota parte – di solito tra il 50 e il 60% – del risparmio ottenuto. Si tratterebbe del classico uovo di Colombo – nel senso che conviene a tutti – se non ci fosse un limite: i numeri dell’esempio trovano conferma nella realtà solo in presenza di determinate condizioni (tra cui elevati consumi di energia elettrica, vapore e acqua calda), che vanno valutati caso per caso.
15/01/2011
Fonte: http://www.retearchitetti.it