Principi base impianti solari: il solare termodinamico

INTRODUZIONE AL SOLARE TERMODINAMICO

Il principio ispiratore di questa soluzione è piuttosto semplice, e si basa sull’idea di sostituire in un normale impianto termoelettrico a vapore il generatore di vapore con un sistema solare capace di produrre vapore da inviare in turbina.

La turbina a vapore per potere lavorare ha necessità di vapore a pressione e temperatura opportune, e l’efficienza del ciclo termodinamico è funzione di questi parametri.

Il sistema per riscaldare il fluido è costituito da dei concentratori parabolici, nel cui fuoco si trova collocato un condotto dove scorre il fluido termovettore.

I raggi solari, concentrati in corrispondenza del condotto riescono ad innalzare la temperatura del fluido a livelli adeguati all’espansione in turbina, la quale poi è collegata ad un generatore elettrico connesso in rete.

E’ quindi evidente che la parte più critica dell’intero sistema è costituita proprio dal sistema di produzione e distribuzione di tale calore, ovvero dal sistema di specchi parabolici, dalle condutture, dal fluido termovettore e da eventuali sistemi di accumulo del calore.

 

I primi impianti termodinamici al mondo sono stati realizzati negli anni ’80 negli Stati Uniti, ed inizialmente il fluido termovettore era costituito da olio combustibile, la cui pericolosità in caso di incendione ha visto la rapida sostituzione con altri fluidi capaci di buone prestazioni termiche ed al tempo stesso capaci di garantire la sicurezza in caso di fughe di fluido.

 

 

SCHEMA DELL’IMPIANTO

Un impianto solare termodinamico ha uno sviluppo simile ad un grosso campo fotovoltaico a terra, con l’aggiunta dell’edificio che ospita la turbina ed il condensatore.

Per il raffreddamento del condensatore è necessario disporre di un corso d’acqua o di una soluzione a torre evaporativa o ad aerotermi, analogamente a quanto avviene in un normalissimo impianto termoelettrico a vapore tradizionale.

Esistono due diverse soluzioni impiantistiche, la prima prevede un grande numero di collettori a terra (solitamente file di collettori parabolici) che concentrano i raggi solari sul condotto dove passa il fluido termovettore, il quale poi viene inviato ad una turbina a vapore per produrre energia elettrica.

 

Una seconda soluzione prevede la realizzazione a terra di una distesa di specchi (eliostati) che vengono orientati in modo da riflettere verso una torre opportunamente collocata i raggi del Sole.

Nella torre si trova un “ricevitore” che permette di raccogliere i raggi del Sole per scaldare il fluido termovettore, il quale poi espande in una turbina a vapore analogamente al caso precedente.

 

Un impianto a vapore, pur se di potenza ridotta, ha difficoltà ad operare in condizioni non stazionarie, sia in termini di erogazione di corrente sulla rete, sia in termini di portate e temperature del vapore non costanti, pertanto l’impiego di accumulatori termici fornisce un aiuto nella regolarizzazione del funzionamento dell’impianto, inoltre si ha così la possibilità di accumulare eventualmente calore in eccesso durante la massima insolazione, per poterlo poi utilizzare quando l’insolazione non è sufficiente od è completamente assente (ore serali e notturne).

E’ ovvio che tale calore in eccesso deve venire prodotto durante l’insolazione, pertanto se le richieste della rete sono tali da consumare tutta la produzione, non si potrà disporre di nessuna riserva di energia.

 

ESEMPI DI IMPIANTI ESISTENTI

La tecnologia termodinamica oggi sta conoscendo una notevole diffusione ed interesse, ed esistono nel mondo diversi impianti operativi che possono essere presi in esame per comprendere meglio tale tecnologia.

A titolo esemplificativo di impianto con torre solare ci si può riferire ad un impianto realizzato in Spagna, denominato PS10.

Tale impianto è accreditato di una potenza massima pari ad 11MW elettrici ed utilizza una torre solare alta 100 metri.

Tale impianto opera con vapore saturo in un ciclo a due livelli di pressione e temperatura e pressione massime del vapore rispettivamente pari a 250°C40bar, e la producibilità annua di energia elettrica è valutata in 23GWh/anno, e la superficie occupata dagli eliostati è pari a 55 ettari.

 

Tale impianto dispone di un sistema di accumulo capace pari a 20MWh, capaci di fornire 50 minuti di autonomia al 50% del carico.

Il costo di tale impianto è stato di 16.65 Milioni di €, con un contributo dell’Unione Europea pari a 5 Ml €.

Un esempio di impianto dotato di pannelli parabolici è invece ANDASOL, impianto avente potenza massima pari a 50MW elettrici, per una produzione annua di energia elettrica pari a 179GWh.

Tale impianto utilizza come fluido vettore dei sali fusi e dispone di un’autonomia pari a7.4 ore, inoltre viene dichiarato un numero di ore annue equivalenti alla massima produzione pari a 3589.

La superficie occupata dagli specchi è pari a 200 ettari, ed i costi per la realizzazione dell’impianto sono stati pari a 14.3 Milioni di €, con un contributo della Comunità Europea pari a 5Ml €.

 

CONSIDERAZIONI

Dai due esempi appena presentati, e senza volere entrare in discussioni particolarmente complesse, ritengo sia doveroso sviluppare alcune considerazioni su questa tecnologia, in particolare trovo sia importante contrapporre agli indubbi vantaggi in termini di emissioni inquinanti che tale soluzione comporta, quelli che sono i suoi limiti tecnici, in particolare bisogna tenere in considerazione che tali impianti, pur se soggetti a continui miglioramenti tecnologici, richiedono superfici libere estremamente elevate in rapporto alla produzione elettrica, pertanto non possono venire installati ovunque ed in presenza di attività che richiedano l’uso del terreno per altri fini, inoltre la possibilità di produrre in condizioni di assenza di insolazione è subordinata ad una produzione superiore all’immissione in rete, ovvero l’energia che l’impianto è in grado di accumulare è energia che è stata precedentemente prodotta ma non consumata, e pertanto la si può utilizzare in maniera differita.

Appare d’altra parte evidente che un impiego massiccio di tale tecnologia in sostituzione a tecnologie tradizionali appare piuttosto complesso e problematico, in quanto i consumi energetici risultano di ordini di grandezza estremamente differenti con la capacità produttiva di tale tecnologia, mentre la necessità di territorio diventa difficile da soddisfare a meno di disporre di superfici disabitate con condizioni di insolazione adeguate, condizione ovviamente non presente in maniera diffusa.

Tutto ciò vuole semplicemente stimolare i lettori a valutare con spirito critico ogni annuncio sensazionalistico sui temi energetici ed ambientali, in quanto ogni tecnologia e soluzione presenta pregi e difetti, e la loro applicazione richiede quindi sempre e comunque delle scelte di compromesso che ne rendano valido l’impiego.

 

 

05/10/2009

Fonte: http://www.appuntidigitali.it

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